BUS
Una colonia di formiche si incolonnò verso il deserto.
“Dove andate, tutte voi in fila indiana?”
“Ritorniamo da dove siamo venute, da quel formicaio nell’oasi
del deserto, e ora andiamo a riconquistare quello che avevamo
perduto!”
“Ma in città non vi trovavate bene?”
“Per niente: tante di noi sono morte schiacciate sotto le ruote
dei tanti veicoli, altre sono morte per la fame, altre intossicate
dai fumi, altre ancora calpestate da quella gente senza scrupoli!”
“E ora, nel deserto, che cosa pensate di trovare?”
“Nulla di più che pensare a ritrovarci, noi tutte, con le gioie e i
dolori, le fatiche e le speranze, le attese e i progetti: ma almeno,
qui siamo noi stesse, abbiamo la nostra identità!”
I piccoli nella città non troveranno mai la propria identità, saranno
sempre bistrattati, violentati e sfruttati; solo il deserto
farà loro ritrovare quello che sono, che hanno e che fanno.
“Che progetto avete ora?”
“Nessuno, intanto: il deserto ce lo suggerirà lungo il nostro
cammino. Siamo disponibili a vivere ogni situazione e emozione,
proprio perché sappiamo che il deserto non ci tradirà,
come invece ha fatto la città!”
“Ma le tante realtà della città qui non le avrete più!”
“Meglio così: ci hanno incantato, illuso e invogliato a fare; ma
poi, alla resa dei conti, tutto è svanito nel nulla…in quel nulla
negativo che ci ha richiamato il nulla positivo: quello del deserto.
Per questo ci siamo incamminate qui, per ritornare a ciò
che è vero, vivo e vitale”.
Il deserto accoglie il piccolo e lo rende grande, trasforma le
occasioni perdute in occasioni mancate, da poter riprendere,
rivivere, riavere in pieno.
Questo, le formiche lo hanno compreso; e insieme hanno ripreso
il cammino verso ciò che da semplice vuoto era diventato
il contenitore adatto per l’accoglienza della pienezza, del
tutto e del subito.
Per questo non bisognava attendere oltre, e mettersi subito in
cammino, verso l’esperienza dell’amore del deserto, fatto di
piccole cose, come le formiche, ma che nell’insieme avrebbero
dato voce, senso e serenità a tutti, e in tutto l’universo.
“Dove andate, tutte voi in fila indiana?”
“Ritorniamo da dove siamo venute, da quel formicaio nell’oasi
del deserto, e ora andiamo a riconquistare quello che avevamo
perduto!”
“Ma in città non vi trovavate bene?”
“Per niente: tante di noi sono morte schiacciate sotto le ruote
dei tanti veicoli, altre sono morte per la fame, altre intossicate
dai fumi, altre ancora calpestate da quella gente senza scrupoli!”
“E ora, nel deserto, che cosa pensate di trovare?”
“Nulla di più che pensare a ritrovarci, noi tutte, con le gioie e i
dolori, le fatiche e le speranze, le attese e i progetti: ma almeno,
qui siamo noi stesse, abbiamo la nostra identità!”
I piccoli nella città non troveranno mai la propria identità, saranno
sempre bistrattati, violentati e sfruttati; solo il deserto
farà loro ritrovare quello che sono, che hanno e che fanno.
“Che progetto avete ora?”
“Nessuno, intanto: il deserto ce lo suggerirà lungo il nostro
cammino. Siamo disponibili a vivere ogni situazione e emozione,
proprio perché sappiamo che il deserto non ci tradirà,
come invece ha fatto la città!”
“Ma le tante realtà della città qui non le avrete più!”
“Meglio così: ci hanno incantato, illuso e invogliato a fare; ma
poi, alla resa dei conti, tutto è svanito nel nulla…in quel nulla
negativo che ci ha richiamato il nulla positivo: quello del deserto.
Per questo ci siamo incamminate qui, per ritornare a ciò
che è vero, vivo e vitale”.
Il deserto accoglie il piccolo e lo rende grande, trasforma le
occasioni perdute in occasioni mancate, da poter riprendere,
rivivere, riavere in pieno.
Questo, le formiche lo hanno compreso; e insieme hanno ripreso
il cammino verso ciò che da semplice vuoto era diventato
il contenitore adatto per l’accoglienza della pienezza, del
tutto e del subito.
Per questo non bisognava attendere oltre, e mettersi subito in
cammino, verso l’esperienza dell’amore del deserto, fatto di
piccole cose, come le formiche, ma che nell’insieme avrebbero
dato voce, senso e serenità a tutti, e in tutto l’universo.
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